Si parla in questi giorni di una barca di profughi rimasta per 16 giorni in avaria al largo delle coste libiche. Non ha ricevuto soccorsi da parte di navi ed elicotteri che pure l’avrebbe avvistata. Intanto, i racconti dei migranti spargono anche la voce di viaggi gratuiti per profughi subsahariani organizzati dal governo libico. Cosa c’è di vero? E a chi spetta il soccorso delle carrette dei profughi? I pareri contrastanti di Flavio Di Giacomo, portavoce di Oim Italia (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e Roberto Marini, fondatore della Ong Everyone Group.
Davvero Tripoli sta organizzando viaggi gratuiti per i profughi provenienti dalle regioni Sub-Sahariane?
Di Giacomo: «I migranti ci raccontano che a Tripoli non hanno pagato una cifra fissa, come al solito, ma gli è stato chiesto quello che avevano. Una signora somala al nostro staff di Lampedusa ha raccontato di essere stata costretta a salire su un’altra imbarcazione diretta in Italia dopo il naufragio di quella su cui si era già imbarcata. Era tornata a riva a nuoto. Altri invece ci hanno detto che i soldati e gli ufficiali libici presenti al porto di Tripoli hanno sparato in aria per costringere a imbarcarsi alcuni migranti che avevano rinunciato a partire dopo aver assistito a un naufragio di altri libici in partenza.»
Marini: «È una sciocchezza messa in giro dal nostro governo. I migranti sub- sahariani pagano quasi mille dollari a persona per viaggi organizzati sia da ribelli che da pro-gheddafiani. E per di più sono costretti a partire su barche ancora più malandate di quelle riservate ai libici. In Nord Africa c’è una forte discriminazione nei confronti di persone di pelle scura. E a loro si riserva un trattamento diverso anche quando emigrano: viaggiano sulle barche peggiori».
La nave partita il 25 marzo da Tripoli non ha ricevuto aiuti da una portaerei incrociata durante la navigazione. A chi spetta soccorrere le barche in mare?
Di Giacomo: «Il soccorso in mare è un atto sempre dovuto, da parte di chiunque. Il diritto del mare prevede che se c’è qualcuno in difficoltà, tutte le persone che lo incontrano sono tenute soccorrerle, dal pescatore alla Guardia Costiera. Il grande problema è che i migranti sono caricati su barche fatiscenti e sovraccariche, in difficoltà fin da quando salpano».
Marini: «Quello che denunciamo come associazione umanitaria è che manca un protocollo sul soccorso in mare ai profughi. Spetta alle Nazioni Unite, e alla Unione Europea pensarne uno. La Convenzione di Ginevra prevede il massimo impegno degli Stati per aiutare i profughi. Eppure i richiedenti asilo non ricevono nessun aiuto durante gli spostamenti in mare, sempre così precari. Per un tratto così breve basterebbero un paio di auto vedette e di elicotteri, facilmente pagabili con i budget stanziati dalla Ue. La missione Frontex non basta: non è pensata per favorire e aiutare i profughi, ma per contrastare il loro arrivo».
Cosa succede quando i migranti non riescono ad arrivare in Italia e tornano in Libia? È previsto il carcere?
Di Giacomo: «Non abbiamo notizie ad oggi da parte di persone che sono tornate in Libia. Sicuramente hanno cercato di ripartire. Se poi è vero quanto raccontano i migranti, cioè che i viaggi sono organizzati dalle stesse forze pro Gheddafi, è probabile che si cerchi di farli ripartire. Il carcere era la soluzione valida prima della guerra. Ora non le cose cono più confuse. Tutto quello che sapevamo prima ora non è più valido».
Marini: «Stiamo seguendo il caso di un barcone di 330 migranti fermati dalle autorità libiche e riportati sulla costa: quando c’è un tentativo di fuga vengono multati (con cifre tra i 400 e i 1000 dollari) e incarcerati in attesa di rimpatrio forzato nei Paesi di origine. Spesso vengono trattenuti per tantissimo tempo, torturati o lasciati morire. Se anche avvenisse il rimpatrio, tornerebbero nel mezzo delle persecuzioni da cui sono fuggiti: la Libia infatti non riconosce il diritto all’asilo. La questione in ogni caso basta a confermare che Tripoli non organizza viaggi gratuiti: che senso avrebbe poi incarcerare i profughi che tornano indietro?».